I vigneti di “Cián du Giorgi” hanno una storia centenaria e si estendono su ripidi pendii per una superficie totale di 1 ettaro, divisi in 3.500 mq a Riomaggiore e il resto, circa 6.500 mq, a Vernazza, a 500 metri sul livello del mare. E vi si accede soltanto a piedi o con una delle cremagliere tipiche di questo versante ligure, i famosi ‘trenini’ delle Cinque Terre.
L’obiettivo della nuova coppia di viticoltori è fin da subito quello di recuperare le viti preesistenti, alcune secolari, e riportarle in vita.
Una scelta difficile e che richiede molta cura ed energia, oltre a una grande competenza. Ma è proprio in questa rinascita che non riguarda solo un patrimonio viticolo da salvare ma la loro stessa esistenza, che Riccardo e Adeline trovano il senso più autentico della loro impresa.
Il primo censimento, necessario a scoprire i tipi di cultivar presenti sui terreni recuperati, rivela la presenza di varietà autoctone come Bosco, Albarola, Vermentino, Ruzzese, Rossese, Scimiscià e Picabon e, considerato che per ogni varietà esistono differenti cloni, il censimento prosegue ancora oggi.
Nell’opera di recupero dei vecchi vigneti rientra anche il restauro dei muretti a secco, altro simbolo di questi luoghi fragili, ricostruiti pietra su pietra con l’ausilio dell’unico mezzo possibile: l’elicottero. È così che le vigne di Riccardo e Adeline, accudite come figli, piano piano rinascono, anche grazie a decisioni prese sempre nel rispetto della pianta, rinunciando a qualsiasi tipo di diserbante, e nel segno della tradizione.
Il tipo di allevamento scelto, la pergola bassa, il più tradizionale nelle Cinque Terre, ne è un esempio: al riparo sotto la pergola, da cui filtra la luce del sole e la brezza salmastra del mare, i grappoli maturano al meglio e la vite si conserva in salute.
E Riccardo e Adeline, con un po’ di ombra a disposizione, possono lavorare alla vigna anche nelle ore più calde, pur sacrificando un po’ di comodità, rannicchiati sotto le foglie stellate e gli acini in crescita.
Ma agli agi si sa, rinunciano tutti i viticoltori delle Cinque Terre, costretti a lavorare su impervi terrazzamenti, ripagati dall’incanto di panorami senza eguali.